La gioventù che partecipa-Oderzo

02 settembre 2007

Pressione meritocratica


È da un po’ di tempo che sono teso e ho la pressione alta, e credo di averne capito la causa. Il punto è che credo nella meritocrazia.
Una volta ci credevo inconsciamente, poi ci ho creduto consciamente e fino a poco fa di nuovo inconsciamente. È tutto qui il mio errore.
La meritocrazia infatti è una cosa bella, ma richiede una forte e solida base di razionalità. Così è per le attività umane lavorative, decisionali, politiche, dove la razionalità dipende tutta dalle persone e quindi può esserci… come no. E che ce ne sia poca lo si capisce, per esempio, leggendo libri e articoli di giornalisti “non accondiscendenti” che, per inciso, hanno tutta la mia stima dato che si rovinano il fegato e affrontano mille rogne per raccontare ciò che scoprono.
In questo periodo sto leggendo La casta” di Stella e Rizzo e concordo con un mio amico che l’ha letto prima di me: bastano poche pagine per buttarti così giù da rovinarti la giornata. …Perciò è un libro da leggere.
Comunque, riprendendo il discorso sul legame meritocrazia-razionalità, se le cose vanno così nel lavoro e nella politica, è quando entrano in gioco situazioni sentimentali, che per quanto ne so sono il regno dell’irrazionalità, che allora le cose diventano ancora più complesse.
E la pressione meritocraticamente sale.
Allora sento il bisogno di staccare la spina, di non pensare. E la soluzione più banale per intontirsi un po’ è accendere la televisione. È una sorta di epidurale, una epidurale televisiva, che fa il suo effetto nella parte superiore del corpo colpendo soprattutto il cervello.
Ma è proprio quando sono un po’ frastornato, quando sto ridendo per una battuta per la quale non avrei mai riso, che, come una spina conficcata tra le costole all’improvviso, mi assale un dubbio: che la meritocrazia alcune, pochissime, volte funzioni, ma che non meriti niente.

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