I soldatini
Lì fuori c’è un esercito. Un esercito che ci tiene sotto tiro ogni giorno. Ma è un esercito particolare, che non è fatto da soldati, ma da “soldatini”; che non combatte con le armi, ma che per ferirci ci tira addosso la propria dignità, privandosene.
È l’esercito dei “soldatini” degli interessi economici personali; dei grandi e piccoli privilegi; dei partiti e dei partitini.
È composto da quelle persone che non riescono a vedere più in là del proprio naso; che non riescono a vedere più in là del proprio portafoglio; che sarebbero disposte a “vendersi pur di farsi comprare”.
Da quelle persone che devono difendere o attaccare una persona o una idea “perché sì”, non per altri motivi; che votano in questo e quell’altro modo perché questo è l’ordine e tanto basta.
Fatto da gente che non capisce perché non vuole capire; che parla senza spiegare; che “predica” senza credere.
Il discorso non esiste e il dibattito scompare.
E dopotutto è normale: la dialettica è fatta da persone che parlano perché conoscono; che conoscono perché sanno ascoltare; che ascoltano perché vogliono riflettere.
Ma le cose vanno sempre meno così e ormai ad avere fiducia nel progresso a tutti costi restano in pochi: quelli delle “magnifiche sorti e progressive” e quelli che non sanno nemmeno dove vivono.
Agli altri non resta che sopportare come meglio riescono i colpi di questa strana guerra, perché il fuoco incrociato dei “soldatini” è forte e incessante.
Il punto, però, è che ogni tanto vale la pena anche incazzarsi. Sempre civilmente, per non diventare soldatini a nostra volta. Ma vale la pena incazzarsi.
Perché ad essere presi per il c..o nel nostro paese siamo abituati ormai; ma ad essere appesi per la balle c’è sempre tempo.
Se i “soldatini” non hanno paura di perdere la faccia, noi non possiamo avere paura di essere persone civili che esercitano quei diritti che fondano la civiltà del nostro paese: il diritto sacrosanto di manifestare il nostro pensiero liberamente con la parola e lo scritto; il diritto di riunirsi pacificamente e manifestare le proprie idee; di associarsi e far sentire la propria voce.
Si è combattuto a lungo e aspramente per avere questi diritti. Ora qualcuno combatte perché vengano lasciati lì a risposare, perché la rassegnazione ci aiuti a dimenticarli.
Sembrerà paradossale da dire in un paese libero e democratico come il nostro, ma per difenderci e sopravvivere all’attacco dell’esercito dei “soldatini” serve una sola cosa: imparare ad essere liberi.
Io partecipo
Alessandro Marchetti
Lì fuori c’è un esercito. Un esercito che ci tiene sotto tiro ogni giorno. Ma è un esercito particolare, che non è fatto da soldati, ma da “soldatini”; che non combatte con le armi, ma che per ferirci ci tira addosso la propria dignità, privandosene.
È l’esercito dei “soldatini” degli interessi economici personali; dei grandi e piccoli privilegi; dei partiti e dei partitini.
È composto da quelle persone che non riescono a vedere più in là del proprio naso; che non riescono a vedere più in là del proprio portafoglio; che sarebbero disposte a “vendersi pur di farsi comprare”.
Da quelle persone che devono difendere o attaccare una persona o una idea “perché sì”, non per altri motivi; che votano in questo e quell’altro modo perché questo è l’ordine e tanto basta.
Fatto da gente che non capisce perché non vuole capire; che parla senza spiegare; che “predica” senza credere.
Il discorso non esiste e il dibattito scompare.
E dopotutto è normale: la dialettica è fatta da persone che parlano perché conoscono; che conoscono perché sanno ascoltare; che ascoltano perché vogliono riflettere.
Ma le cose vanno sempre meno così e ormai ad avere fiducia nel progresso a tutti costi restano in pochi: quelli delle “magnifiche sorti e progressive” e quelli che non sanno nemmeno dove vivono.
Agli altri non resta che sopportare come meglio riescono i colpi di questa strana guerra, perché il fuoco incrociato dei “soldatini” è forte e incessante.
Il punto, però, è che ogni tanto vale la pena anche incazzarsi. Sempre civilmente, per non diventare soldatini a nostra volta. Ma vale la pena incazzarsi.
Perché ad essere presi per il c..o nel nostro paese siamo abituati ormai; ma ad essere appesi per la balle c’è sempre tempo.
Se i “soldatini” non hanno paura di perdere la faccia, noi non possiamo avere paura di essere persone civili che esercitano quei diritti che fondano la civiltà del nostro paese: il diritto sacrosanto di manifestare il nostro pensiero liberamente con la parola e lo scritto; il diritto di riunirsi pacificamente e manifestare le proprie idee; di associarsi e far sentire la propria voce.
Si è combattuto a lungo e aspramente per avere questi diritti. Ora qualcuno combatte perché vengano lasciati lì a risposare, perché la rassegnazione ci aiuti a dimenticarli.
Sembrerà paradossale da dire in un paese libero e democratico come il nostro, ma per difenderci e sopravvivere all’attacco dell’esercito dei “soldatini” serve una sola cosa: imparare ad essere liberi.
Io partecipo
Alessandro Marchetti
Etichette: Politica nazionale