La gioventù che partecipa-Oderzo

14 ottobre 2006

Una indennità a me, una indennità a te,
una indennità a me, una indennità a te, …


Le persone che prestano la loro attività per un ente sono ad esso legate da un rapporto che si chiama “rapporto di servizio”. Esistono vari tipi di “rapporto di servizio”: coattivo, volontario, professionale, onorario. Coattivo è quello imposto dalla legge, come, fino a poco tempo fa, il servizio militare. Volontario quello in cui liberamente la persona decide di instaurare il rapporto. Sottocategorie di quest’ultimo tipo, e così arriviamo a quello che qui interessa, sono il rapporto di servizio professionale, in cui la persona presta la sua attività come lavoro e per questa percepisce una retribuzione(es. il dipendente pubblico), e il rapporto di servizio onorario, in cui chi presta l’attività, anche se deve svolgere i compiti legati alla carica assunta, non lo fa come lavoro, e per questo percepisce una indennità (es. parlamentari, ministri, consiglieri regionali, sindaci). L’indennità non è una retribuzione, ma è una sorta di “contributo” che viene dato al titolare della carica per poter svolgere la sua attività. Una volta le cose andavano diversamente: chi era legato da un rapporto di servizio “onorario”, veniva ripagato dall’ ”onore”, appunto, di ricoprire quella carica. Ben s’intenda: ideale nobilissimo questo, perché chi svolgeva le funzioni lo faceva in maniera assolutamente gratuita, senza gravare sulle tasche dei cittadini e si accontentava dell’onore. Questo sistema, però, aveva un piccolo difetto. Se uno non aveva alle spalle un buon sostegno economico, se lo sognava di ricoprire cariche pubbliche. In sostanza era precluso l’accesso a queste funzioni per coloro che, non essendo sufficientemente benestanti, non potevano permettersi di lavorare gratia et amore Dei. Ed ecco, allora, come sorge l’idea dell’indennità. Per permettere a tutti di partecipare alla vita dello Stato (o della Regione, Provincia, Comune) vengono assegnati i mezzi, le risorse per farvi fronte, viene cioè assegnata l’indennità. E ancora una volta l’ideale perseguito è molto nobile, perché a chiunque è garantita la possibilità di ricoprire cariche pubbliche. Se questa è la storia e l’evoluzione dei concetti e della relazione Stato-persone con riguardo al rapporto di servizio onorario, va però detto che oggi esiste una situazione distorta tale che restano fermi i nomi degli istituti, ma sono saltate le logiche di fondo che li giustificano. Se l’indennità nasce come strumento per dare la possibilità ai meno abbienti di partecipare alla vita politica, vi pare ragionevole che tutti la percepiscano a prescindere da un reale bisogno? In parole povere: perché gente stramiliardaria come l’ex presidente del consiglio, per dirne uno (forse il più famoso, ma non l’unico), dovrebbe percepire l’indennità (che altro non è che soldi raccolti dalla collettività, soldi pubblici)? Che senso ha?! Anche intuitivamente, si sente che c’è qualcosa che non va. E ancora: perché a titolo di indennità, che, lo ripeto fino alla nausea, è fatta per garantire un supporto economico ai meno abbienti così che possano permettersi di svolgere incarichi pubblici, i parlamentari (per citare l’esempio più emblematico) percepiscono più di 10.000 euro al mese (ai quali, comunque, andrebbero aggiunti i 4.000 mensili di “diaria”, i 4.200 mensili per “spese inerenti al rapporto tra eletto e elettori”, i 3.300 trimestrali per spese di trasporto, i 3000 annui per spese telefoniche, i 3.100 annui per spese qualora si rechino all’estero ed altri servizi gratuiti come tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea)? Non vi pare un po’ troppo sia in assoluto, sia in relazione alla funzione dell’indennità? E contate che in parlamento sono circa in 1000 tra deputati e senatori, perciò fate voi i calcoli… A me pare che la funzione dell’indennità oggi come oggi, abbia subito una distorsione piuttosto evidente. Anzi direi che per come è concepita adesso, sarebbe più corretto parlare di retribuzione, dato che quelle somme sono sganciate da qualsiasi considerazione che guardi all’effettivo bisogno della persona. Inoltre, in molti casi, come quello dei parlamentari, le cifre sono decisamente troppo alte e non si giustificano in relazione alla funzione che l’indennità dovrebbe avere. A me sembra opportuno recuperare il vero spirito, l’originale logica che animava questo concetto. E questo passa attraverso: 1- il generale ridimensionamento delle somme dovute a titolo di indennità; 2- la differenziazione dell’entità delle somme sulla base della situazione economico-patrimoniale di chi ne ha diritto, da misurarsi di anno in anno (e cioè chi è più ricco avrà una indennità più bassa di chi lo è meno) ; 3- l’eliminazione dell’indennità per chi ha redditi estremamente alti (è il caso dei milionari). In questo modo ci sarebbe una razionalizzazione delle spese statali e la valorizzazione, oltre che il giusto compromesso, di quegli alti ideali di garanzia di partecipazione alla vita dello Stato a favore di chiunque, da una parte, e di onore legato alla carica pubblica, dall’altra. E così coloro che hanno la fortuna di essere ricchi non avrebbero troppo da ridire dato che a quei livelli le questioni di soldi non esistono (e vorrei vedere chi di loro sarebbe pronto a dire pubblicamente il contrario); i meno abbienti avrebbero tutte le risorse necessarie; e chi si trova in una fascia di ricchezza intermedia riceverebbe un equo indennizzo per le spese, il sacrificio sopportato e il lavoro svolto.
Ovviamente per fare tutto ciò ci vuole il solito, famoso e spesso introvabile ingrediente: una seria volontà di cambiare le cose. Non so chi ce l’abbia in tasca questo ingrediente, ma speriamo che arrivi in nostro soccorso al più presto. Nel frattempo non ci resta che ricordare, anche in maniera insistente se continuano a non ascoltarci, quello che vorremmo si facesse a coloro che qualcosa possono fare e che, fino a prova contraria, dovrebbero rappresentarci.

Io partecipo
Alessandro Marchetti


Ps. Sull’argomento vi segnalo questi due link:
www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/01_Gennaio/13/stipendi.shtml
http://testo.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp

Etichette: ,


 

Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.