La gioventù che partecipa-Oderzo

23 settembre 2006

Agl’ordini elettore!


Che i parlamentari siano nostri “dipendenti” è cosa appurata e ormai ovvia. Loro sono lì in parlamento perché noi ce li abbiamo messi e affinché rappresentino la nostro volontà. Sovrano resta sempre e comunque il popolo (art. 1 Cost.) e non sia mai detto che i rappresentanti del popolo siano superiori al popolo stesso, che il potere delegato sia superiore a quello delegante, che i “parlamentari-dipendenti” siano superiori a noi “elettori-datori di lavoro”. Che poi in Parlamento ognuno faccia un po’ quello che vuole è cosa altrettanto, e tristemente, nota, una sorta di costume italiano (indulto docet). Le cause di tale situazione sono più d’una, come più d’una sono le soluzione che ci permetterebbero di risistemare le cose e riassegnare a ciascuno il proprio ruolo. Premesso che cercherò di affrontarne il più possibile e invitandovi a riflettere ed intervenire sulla questione, per ora mi soffermo su una di queste.
Se una persona viene eletta ciò avviene perché alla base c’è il consenso della gente che, tra i vari candidati, ha deciso di scegliere proprio quella persona. E la scelta viene fatta prendendo in considerazione vari parametri: le idee e i principi ai quali si ispira l’attività del candidato, ciò che ha fatto in passato, ciò che ha promesso per il futuro, l’esperienza, la coerenza, l’onestà, ecc. Se poi, una volta eletto, il nostro caro rappresentante fa l’esatto contrario di quello che ci si aspettava o di quello che aveva promesso, allora che cosa succede? Niente! Infatti, se è vero da una parte che troveremo degli elettori arrabbiati come non mai perchè si sentono presi in giro e perché hanno finito per fare la figura dei poveri allocchi, dall’altra il nostro fidato “dipendente” la sua sedia sotto il sedere continua a tenerla bella stretta. A questo punto domandiamoci: si può dire che quel parlamentare non sia stato eletto? Che non sia stato scelto dalla gente? Che sieda in parlamento al di fuori di qualsiasi consenso elettorale? Certo tutto questo non lo si può dire. Quello che invece si può dire, e con estrema sicurezza, è che nei confronti di quel parlamentare non esiste più un consenso elettorale che sia anche attuale. Che lavorino bene o che ci prendano per i fondelli, quelli che vengono eletti se stanno beati in parlamento per dei lunghi e buoni 5 anni. E in cinque anni di boiate se possono fare a bizzeffe. I nostri dipendenti dovrebbero durare in carica 2, al massimo 3 anni, non di più! E non mi si dica che è un periodo troppo breve, insufficiente per portare avanti alcunché. 2-3 anni sono un periodo tutt’altro che breve e comunque, se non deludessero i loro elettori, i nostri rappresentati non avrebbero nulla da temere perché verrebbero riconfermati, verrebbe nuovamente dato loro fiducia e potrebbero continuare il loro lavoro. In questo modo sarebbero responsabilizzati più di quanto non lo siano ora e noi saremmo più sicuri che i rappresentanti del popolo sono davvero tali. Non va poi dimenticato che il tempo gioca dei bruttissimi scherzi e che in questo genere di cose è un nemico. Tutti sanno che con il tempo anche le sane arrabbiature tendono ad assopirsi, se non a sparire. E tutti sanno che la memoria a volte può tradirci, così che le cose finiscono nel dimenticatoio. Se invece i tempi si restringono per forza avremo una visione più lucida ed obbiettiva e potremmo comportarci di assoluta conseguenza.
In conclusione sarebbe bene renderci conto che la democrazia e l’attualità del consenso elettorale ad esso legata non sono cose tanto scontate e che quella che abbiamo sotto gli occhi sembra essere più una “democrazia sulla carta” che una “democrazia reale”. Se le cose continuano a non funzionare o a funzionare male, di mezzo ci andrà la civiltà del nostro paese. Di mezzo ci andremo noi!

Io partecipo
Alessandro Marchetti

Etichette: ,


 

Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.