La gioventù che partecipa-Oderzo

14 giugno 2007

L’acrilammide negli alimenti

continua dal 12/6/07

Ma perché tanto interesse per l’acrilammide e che cosa c’entra con gli alimenti?

È presto detto: nel 2002 un gruppo di scienziati svedesi ha ritrovato tale molecola in molte preparazioni alimentari stabilendo che essa non derivava da contaminazione incrociata (ovvero il formulato non era venuto a contatto con materiali che la contenessero), ma da una produzione interna all’alimento stesso.
È da sapere che l’acrilammide è considerata dall’Agenzia Internazionale sulla Ricerca sul Cancro (IARC) come “possibile sostanza cancerogena per l’uomo” (gruppo 2°).
Negli alimenti l’acrilammide si forma da una reazione molto importante e significativa: la reazione di Maillard, che avviene tra zuccheri semplici (glucosio, fruttosio ecc…) e amminoacidi (i costituenti delle proteine).

Un team composto da scienziati svedesi, norvegesi, svizzeri, inglesi e americani, dopo anni di ricerche finanziate dall’Unione Europea, hanno concluso che l’acrilammide si forma solo quando il glucosio reagisce con l’amminoacido asparagina a temperature superiori ai 120° C.
I prodotti interessati sono, quindi, quelli ad alto contenuto in amido come patate, cereali e loro derivati, preparati utilizzando alte temperature come avviene durate la frittura, la rosolatura, la cottura al forno, alla griglia e allo spiedo.
Nei prodotti lessati, anche se ricchi di carboidrati, non sono state riscontate quantità di acrilammide tali da destare preoccupazione.

Vengono riportati qui di seguito alcuni alimenti amidacei, con le relative concentrazioni di acrilammide dosate:

PRODOTTI / CONCENTRAZIONE IN ACRILAMMIDE (microgrammi/Kg)
Patate lesse <30
Spaghetti <30
Riso <30
Pesce fritto 30 -39
Pizza <30
Pane bianco 30 – 80
Cereali per la colazione 150 – 200
Riso soffiato 250
Pop corn 400
Biscotti 200 - 250
Crackers 500 - 550
Patatine fritte 300 - 1100

La forchetta rappresentata in alcuni alimenti è rappresentativa del fatto che sulla produzione di acrilammide giocano molte variabili quali: concentrazione dei reagenti (zucchero ed amminoacido) temperatura di reazione (tanto più è elevata maggiore sarà la produzione della molecola), tempo di cottura (come per la temperatura).
In generale si può affermare che più un alimento amidaceo è colorato (la colorazione è dovuta alle melanoidine che si formano sempre attraverso la Maillard ma che non sono nocive), più acrilammide esso contiene in quanto la colorazione va parallelamente alla formazione di tale sostanza (doratura più o meno intensa del prodotto).

Gli scienziati del NFA (Swedish National Food Administration) hanno calcolato che l’ingestione giornaliera di un uomo normale con un’alimentazione bilanciata è di circa 15/20 microgrammi di acrilammide. È stato scoperto inoltre che il nostro organismo possiede un sistema di detossificazione che riesce a filtrare ed espellere (senza danni apparenti) sino a 30 microgrammi al giorno di tale composto.
Gli studi epidemiologici hanno dimostrato tuttavia che la fascia di età 15-30 anni è spesso soggetta a sforamento di tale soglia in quanto, gli individui appartenenti a questa categoria sono mangiatori non occasionali di snack (soprattutto biscotti e chips) e cibi fritti (patatine dei fast food)!
Questi dati possono sembrare non importanti ma lo diventano non appena si focalizzano attentamente le ben note caratteristiche tossicologiche dell’acrilammide!

continua

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