La gioventù che partecipa-Oderzo

14 febbraio 2007

Il giorno della memoria e del ricordo


Il 10 febbraio si è celebrato “il giorno del ricordo” perché non venga mai dimenticata la tragedia delle foibe e qualche settimana fa, il 27 gennaio, è stato “il giorno della memoria” perchè non si dimentichi l’orrore dell’olocausto.
Sono giorni importanti, in cui ognuno dovrebbe prendersi un po’ di tempo per ricordare e per riflettere. Per riflettere sull’atrocità della violenza, su come possa esserci stata tanta crudeltà e tanto odio tra gli uomini. Su come l’odio non può far altro che generare odio, su come la violenza crei un circolo vizioso che genera atti sempre più disumani.
Ecco, per me questi giorni sono i giorni della “memoria dell’inutilità e della brutalità di ogni violenza”: così ricordo ciò che hanno dovuto subire le vittime delle foibe e gli ebrei nei lager. Ma anche quello che è successo agli Armeni, vittime di uno dei primi genocidi della storia moderna; di ciò che è accaduto in America quel tristemente noto 9/11; di ciò che è successo in questi anni in Iraq; di quello che quello che continua ad accadere sia in Israele che nei territori palestinesi.
E questa mia memoria voglio che sia molto di più di una semplice rispolverata di fatti storici. Io la vedo come una assunzione di responsabilità perché cose del genere non avvengano più, come un riconoscimento di valori universali di umanità e civiltà, momento di vera e profonda riflessione.
Desidero, in conclusione, riportarvi un brano del sempre grande Guareschi, che l’atrocità della prigionia l’aveva vissuta in prima persona, e invitarvi a pensare:

“ «Tutti quelli che dovevano morire sono morti. Quelli che credevano una cosa, e quelli che credevano il contrario. Anche quelli che non credevano niente e che si sono ritrovati coinvolti nella faccenda senza capire niente. E quelli che ancora vivono cominceranno dolcemente a dimenticarli».
Io ho letto da qualche parte queste parole e adesso mi risuonano all’orecchio, e se non le avesse scritte un altro, le avrei scritte di sicuro io adesso. Quelle parole o press’a poco. È finito il dopoguerra, è finita l’avventura e io risento il sapore della noia dolciastra della normalità.
La gente riprende a contare il suo danaro e ad esso si aggrappa, e la signora pensa che, se non fosse per la spesa, comprerebbe subito i pezzi che mancano per completare il servizio da caffè. La signora ricomincia a vergognarsi di avere nel servizio da caffè tre tazze che non c’entrano né come forma né come colore.
Tutto questo è molto bello ma è profondamente triste: e i morti sono sempre più lontani. ” (Giovannino Guareschi, Corrierino delle famiglie, 1954)


Alessandro Marchetti

Etichette:


 

Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.