Favo d'api a Follina
Pubblico un articolo del Professor Claudio Graziola, sempre al riguardo del mondo delle api (1 2 ).
"Un giorno mi capitò di arrivare a Follina, un paese tranquillo e delizioso della Provincia di Treviso, situato in una zona collinare inondata di luce, protetto dalle Prealpi, con un ambiente ancora salubre. Ricca di storia risalente all'Età del Bronzo, ha sul suo territorio, in corrispondenza dell'unica risorgiva d'acqua che sgorga abbondante e pura per tutto l'anno, l'Abbazia di Santa Maria, un complesso monastico religioso del 1200, ora Monumento Nazionale.
Il centro monastico iniziò per merito di alcuni religiosi di S.Benedetto, sostituiti nel 1146 dai Cistercensi provenienti dalla Abbazia milanese di Chiaravalle, e nel 1915 dai Servi di Maria, i quali ancor oggi vivono nella preghiera e si adoperano a mantenere lo splendore dell' intero complesso a suo tempo restaurato.
Sul lato meridionale della Basilica, come regola architettonica cistercense, c'è il chiostro romanico del 1268 a forma quadrata ed al centro la immancabile fontana a base ottagonale. Lungo il perimetro corre un muretto su cui poggiano le colonnine binate, semplici oppure annodate, con disegni e fregi vari. Ed è proprio nel capitello di una delle colonnine, credo caso raro, che è scolpito su tutti i quattro i lati un favo d'api raffigurato da una serie cospicua quasi regolare di fori rotondi larghi circa mezzo centimetro.
Entrando nel chiostro si svolta a sinistra trovandosi al lato opposto della Basilica e del campanile; si percorre il porticato fino a metà dove c'è il passaggio centrale sostenuto nel mezzo da una colonna; quindi si prosegue per alcuni metri fino alla porta del refettorio monastico e di fronte ad esso sulla seconda colonnina binata è scolpito il nostro favo d'api. Ho avuto l'occasione di avere un breve e fruttuoso incontro con frate Ermenegildo, curatore delle antichità dell'Abbazia, il quale mi ha spiegato che il favo d'api, come altre raffigurazioni poste su alcune colonne, ha una funzione puramente simbolica.
La sua interpretazione è la seguente: i frati, prima di entrare nel refettorio per mangiare, si lavavano le mani nella fontana collocata al centro del chiostro e poi, passando obbligatoriamente vicino alla colonna, vedevano il favo d'api ricordandosi così che, come le api si nutrono del miele frutto della loro umile e operosa fatica, anch'essi potevano recarsi alla mensa consapevoli di aver adempiuto ai compiti giornalieri di preghiera e di lavoro. Per avvalorare più compiutamente tale significato, ritengo che aver scolpito il favo d'api sia stato fatto anche per onorare e ricordare S. Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell' ordine dei Bernardini Cistercensi, canonizzato nel 1174, soprannominato il Doctor mellifluus ovvero il maestro donde scorre il miele."
Pubblico un articolo del Professor Claudio Graziola, sempre al riguardo del mondo delle api (1 2 ).
"Un giorno mi capitò di arrivare a Follina, un paese tranquillo e delizioso della Provincia di Treviso, situato in una zona collinare inondata di luce, protetto dalle Prealpi, con un ambiente ancora salubre. Ricca di storia risalente all'Età del Bronzo, ha sul suo territorio, in corrispondenza dell'unica risorgiva d'acqua che sgorga abbondante e pura per tutto l'anno, l'Abbazia di Santa Maria, un complesso monastico religioso del 1200, ora Monumento Nazionale.
Il centro monastico iniziò per merito di alcuni religiosi di S.Benedetto, sostituiti nel 1146 dai Cistercensi provenienti dalla Abbazia milanese di Chiaravalle, e nel 1915 dai Servi di Maria, i quali ancor oggi vivono nella preghiera e si adoperano a mantenere lo splendore dell' intero complesso a suo tempo restaurato.
Sul lato meridionale della Basilica, come regola architettonica cistercense, c'è il chiostro romanico del 1268 a forma quadrata ed al centro la immancabile fontana a base ottagonale. Lungo il perimetro corre un muretto su cui poggiano le colonnine binate, semplici oppure annodate, con disegni e fregi vari. Ed è proprio nel capitello di una delle colonnine, credo caso raro, che è scolpito su tutti i quattro i lati un favo d'api raffigurato da una serie cospicua quasi regolare di fori rotondi larghi circa mezzo centimetro.
Entrando nel chiostro si svolta a sinistra trovandosi al lato opposto della Basilica e del campanile; si percorre il porticato fino a metà dove c'è il passaggio centrale sostenuto nel mezzo da una colonna; quindi si prosegue per alcuni metri fino alla porta del refettorio monastico e di fronte ad esso sulla seconda colonnina binata è scolpito il nostro favo d'api. Ho avuto l'occasione di avere un breve e fruttuoso incontro con frate Ermenegildo, curatore delle antichità dell'Abbazia, il quale mi ha spiegato che il favo d'api, come altre raffigurazioni poste su alcune colonne, ha una funzione puramente simbolica.
La sua interpretazione è la seguente: i frati, prima di entrare nel refettorio per mangiare, si lavavano le mani nella fontana collocata al centro del chiostro e poi, passando obbligatoriamente vicino alla colonna, vedevano il favo d'api ricordandosi così che, come le api si nutrono del miele frutto della loro umile e operosa fatica, anch'essi potevano recarsi alla mensa consapevoli di aver adempiuto ai compiti giornalieri di preghiera e di lavoro. Per avvalorare più compiutamente tale significato, ritengo che aver scolpito il favo d'api sia stato fatto anche per onorare e ricordare S. Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell' ordine dei Bernardini Cistercensi, canonizzato nel 1174, soprannominato il Doctor mellifluus ovvero il maestro donde scorre il miele."
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