La gioventù che partecipa-Oderzo

03 novembre 2006

Annullata una norma… non se ne fa un’altra


Il post di oggi è un po’ più tecnico e forse un po’ più noioso del solito, ma vi prego di fare un piccolo sforzo perché il problema che voglio affrontare è molto serio nonostante se ne parli poco. Esisteva nel nostro codice penale una norma che così recitava: ” chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”(art. 603). Si trattava del reato di “plagio” (ovviamente quello musicale non c’entra niente). Il significato della norma non è mai stato chiaro. C’era chi credeva punisse “la schiavitù di fatto” e probabilmente questo era l’intento dei redattori della norma (“liberticidio materiale”). Altri credevano che punisse il “liberticidio psichico”, cioè la privazione della volontà. Altri ancora che punisse il ”liberticidio psicosociale”, cioè il fatto di isolare una persona materialmente e psicologicamente. In ogni caso, nell’81 la Corte costituzionale è intervenuta sulla norma dichiarandola incostituzionale per violazione del principio di tassatività, che è uno dei corollari del principio di legalità, vero e proprio pilastro di civiltà giuridica. Ciò vuol dire che per la Corte la norma non aveva dei contorni ben definiti, il suo contenuto era troppo generico. Il concetto è semplice: se dico, per esempio, che “è punito chi si comporta male”, capite che è finita. Perché si può dire si sia mal comportato tanto chi getta una carta fuori dal cestino, quanto chi uccide una persona, come chi critica il capo del governo di turno. Perciò la Corte non ha fatto male a dichiarala illegittima. Il punto è che si è così creato un vuoto di tutela che il legislatore non si è più preoccupato di colmare. E guardate che il problema è enorme perché in questo modo restano impunite le tecniche di lavaggio del cervello, di manipolazione della mente, di condizionamento della psiche, di robotizzazione. Pensate a quello che fanno le sette. Avrete sicuramente sentito di fatti di cronaca avvenuti in America ed anche da noi. Ma non solo. Purtroppo tecniche di lavaggio del cervello e di condizionamento della psiche si sono verificate anche in alcuni ambienti lavorativi, il che vuol dire alla luce del sole e senza che nessuno potesse farci niente. Poveri lavoratori ai quali hanno fatto nascere ansie, tensioni e traumi psicologici. Capite allora che il problema non è da sottovalutare e per questo vorrei riportarvi, invitandovi a discuterne, una proposta di legge tratta la progetto di codice penale del ’92, scritta da uno dei più grandi studiosi italiani di diritto penale, Ferrando Mantovani. La norma che ha proposto recita così: “chi, al fine di trarre un vantaggio per sé o per altri, sottopone una persona a mezzi chimici, interventi chirurgici o pratiche psicagogiche di condizionamento della personalità, idonei a comprometterne l’integrità psichica”.
Se in Parlamento si svegliassero e introducessero la norma così com’è, a me andrebbe benissimo. Mi permetto comunque, ma da umile studente e quindi senza presunzione di aver ragione, di dare due consigli. Il primo è che aggiungerei alla fine della norma “… idonei a comprometterne l’integrità psichica e fisica” (penso a chi si ammala a seguito del condizionamento psichico). Il secondo è che toglierei la frase “al fine di trarre un vantaggio per sé o per altri” facendo però diventare questo fine un’aggravante (se uno è un po’ fuori di suo e vuole lavare il cervello agli altri, è una cosa; se uno invece è lucido e fa del male agli altri per soldi, è un’altra).
Questo problema secondo me è stato davvero trascurato e l’ho voluto riproporre perché è un tema scottante, che va discusso. La coscienza collettiva deve risvegliarsi sul punto. È una questione tutt’altro che secondaria e molto attuale. Bisogna parlarne, discutetene anche voi, e chissà mai che i nostri parlamentari facciano una cosa buona.

Io partecipo
Alessandro Marchetti

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