La gioventù che partecipa-Oderzo

16 marzo 2007

Quando leggere faceva leggere


In Italia si legge poco. È un dato di fatto. Ed è una critica che faccio prima di tutto a me stesso, che leggo molto meno di quanto vorrei, andando contro quella che è una mia passione, e nonostante si possa tranquillamente dire che sto davanti ad un libro tutto il santo giorno.
Ma non solo si leggono pochi romanzi e racconti, ma si leggono anche pochi giornali.
Qualche tempo fa erano state distribuite nei treni varie copie di un quotidiano, grazie ad una iniziativa che si chiamava “invito alla lettura”. Cosa davvero lodevole da una parte, ma estremamente preoccupante dall’altra, perché indice di un sintomo diffuso e crescente.
Io sono abbonato ad un noto quotidiano e ammetto che faccio fatica a leggerlo ogni giorno. Per me è un problema non riuscire a leggere almeno un paio di articoli. Per altri il problema non esiste proprio.
È tutto un discorso di mentalità e che non sempre dipende dalla persona in sé considerata.
Ricordo che la famiglia che mi ospitava in Germania, aveva sempre aperti sulla scrivania almeno tre-quattro quotidiani ogni giorno. Ovviamente la cosa mi ha colpito moltissimo.
Ma, come dicevo, essere informati non è una cosa semplice, è un impegno. Dopo una giornata di lavoro o di studio è più che normale che di giornali non se voglia sapere.
E allora finisce che ci si appiattisce sui telegiornali che per come sono fatti oggi (con qualche rara eccezione per di più satellitare) altro che informare, fanno male!
Davvero: sembrano essere l’ennesimo ingranaggio di quel grande meccanismo che punta al rincoglionimento di massa.
Allora l’informazione dovrebbe integrarsi al lavoro, non affiancarsi come qualcosa che è “altro”. E ciò vale soprattutto all’interno dell’ambiente scolastico.
Perché il rischio è che uno studente sappia benissimo cosa ha fatto Carlo V, ma non cosa è successo in Senato qualche giorno fa. Che sappia benissimo la teoria dei “due soli” in Dante, ma non cos’è successo ad Abu Ghraib. Che sappia benissimo come è fatta una cellula, ma non quali sono i problemi legati agli inceneritori.
Ora, per carità, tutte queste cose sono da sapere. Non voglio fare una gerarchia di importanza.
Però vanno appunto conosciute e quindi se ne deve parlare.
Perciò i professori in primo luogo dovrebbero (e ammiro chi già lo fa) leggere ogni tanto ad alta voce un quotidiano e stimolare una discussione tra gli studenti. Una o due ore alla settimana non uccidono nessuno eppure farebbero un bene enorme perché insieme si informa e si crea la “curiosità” di informarsi. Senza poi contare una certa funzione di “guida alle fonti di informazione” attraverso l’indicazione non solo di quotidiani ma anche di settimanali, mensili, e, perché no, siti internet e blog.
E il tutto per una banale ragione: per vivere coscienti di vivere, coscienti di quello che ci accade intorno ogni giorno, così da poterci formare un’opinione e contribuire, ognuno nel suo piccolo, a migliorare questo mondo che è bene sempre pensare di non aver avuto in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli.


Io partecipo
Alessandro Marchetti

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