Tractent fabrilia fabri-seconda parte
continua dal 3/4/07
Alcuni esempi possono rendere la cosa ancora più chiara e tangibile.
Qualsiasi persona sana di mente è più che d’accordo nel vietare e reprimere quei comportamenti che violano la libertà sessuale. Quando, cioè, si parla di “violenza sessuale” non si fa questione di destra o di sinistra. Si tratta di fatti obbrobriosi che nessuna società civile può accettare in quanto ledono la dignità e i diritti più elementari della persona. La legge che punisce questi comportamenti perciò è unanimemente condivisa e animata dai migliori intenti.
Eppure sappiate che nonostante l’importanza e la delicatezza dei valori presi in considerazione, la nostra normativa non brilla quanto a chiarezza e sistematicità.
Ad onor del vero, la legge in considerazione, intervenuta nel 1996, ha degli aspetti positivi. In particolare ha risolto il problema legato all’originaria distinzione tra “violenza carnale” e “atti di libidine” che dava luogo in sede processuale a scene tristissime soprattutto quando la persona offesa era un minore.
Però, per altri versi, reca dei difetti.
Innanzitutto va detto che per tutte le leggi, e a maggior ragione quando si affrontano tali argomenti, ci si aspetta che chi le fa le scriva anche in un italiano corretto.
E invece no. Se prendete il reato di “violenza sessuale di gruppo”, peraltro introdotto proprio dalla legge del ’96, leggerete che “Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Ora, se ci pensate bene il fatto che una persona “commetta atti sessuali di gruppo" ha tristemente del portentoso, perché è impossibile. Una persona semmai può “partecipare ad una violenza sessuale di gruppo”. È un errore davvero banale e per questo assolutamente evitabile, seppur si riesca comunque, in via interpretativa, a capire il senso corretto. E dopotutto bastava semplicemente leggere le altre norme del codice (guardate la formulazione del reato di “rissa”, per esempio) per capire come andava scritta questa fattispecie.
Ma andiamo avanti. L’art. 609-quater è incentrato sugli “atti sessuali con minorenni”. È una norma che vuole tutelare l’intangibilità sessuale (perciò l’attuale inserimento del reato all’interno della sezione “dei delitti contro la libertà personale” è sistematicamente sbagliato) degli infraquattordicenni (e in determinate ipotesi degli infrasedicenni), così da assicurare loro una corretta crescita e maturazione psicologica in relazione alla sfera affettiva e sessuale.
Anche qui gli intenti sono molto buoni però al secondo comma leggiamo che “non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis (cioè di violenza sessuale, n.d.a.), compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni”.
Ora, a parte il fatto che due ragazzini in calore 1-una norma così non se la ricorderanno mai e 2-difficilmente, prima di divertirsi, si metterebbero con carta, penna e calcolatrice alla mano a fare i conti sull’età di uno e dell’altro, va detto che il disposto contiene un’assurdità logica al suo interno.
Infatti si condiziona la lesione al diritto ad un corretta crescita psicologico-sessuale non all’età della persona tutelata, ma all’età dell’altra persona. Cioè, riprendendo un esempio non mio, è come se si condizionasse il diritto di voto non all’età del votante, ma a quella del candidato.
Arriviamo ora al reato di “violenza sessuale” (art. 609-bis).
Ancora una volta l’intento è buonissimo, ma realizzato male.
continua
continua dal 3/4/07
Alcuni esempi possono rendere la cosa ancora più chiara e tangibile.
Qualsiasi persona sana di mente è più che d’accordo nel vietare e reprimere quei comportamenti che violano la libertà sessuale. Quando, cioè, si parla di “violenza sessuale” non si fa questione di destra o di sinistra. Si tratta di fatti obbrobriosi che nessuna società civile può accettare in quanto ledono la dignità e i diritti più elementari della persona. La legge che punisce questi comportamenti perciò è unanimemente condivisa e animata dai migliori intenti.
Eppure sappiate che nonostante l’importanza e la delicatezza dei valori presi in considerazione, la nostra normativa non brilla quanto a chiarezza e sistematicità.
Ad onor del vero, la legge in considerazione, intervenuta nel 1996, ha degli aspetti positivi. In particolare ha risolto il problema legato all’originaria distinzione tra “violenza carnale” e “atti di libidine” che dava luogo in sede processuale a scene tristissime soprattutto quando la persona offesa era un minore.
Però, per altri versi, reca dei difetti.
Innanzitutto va detto che per tutte le leggi, e a maggior ragione quando si affrontano tali argomenti, ci si aspetta che chi le fa le scriva anche in un italiano corretto.
E invece no. Se prendete il reato di “violenza sessuale di gruppo”, peraltro introdotto proprio dalla legge del ’96, leggerete che “Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Ora, se ci pensate bene il fatto che una persona “commetta atti sessuali di gruppo" ha tristemente del portentoso, perché è impossibile. Una persona semmai può “partecipare ad una violenza sessuale di gruppo”. È un errore davvero banale e per questo assolutamente evitabile, seppur si riesca comunque, in via interpretativa, a capire il senso corretto. E dopotutto bastava semplicemente leggere le altre norme del codice (guardate la formulazione del reato di “rissa”, per esempio) per capire come andava scritta questa fattispecie.
Ma andiamo avanti. L’art. 609-quater è incentrato sugli “atti sessuali con minorenni”. È una norma che vuole tutelare l’intangibilità sessuale (perciò l’attuale inserimento del reato all’interno della sezione “dei delitti contro la libertà personale” è sistematicamente sbagliato) degli infraquattordicenni (e in determinate ipotesi degli infrasedicenni), così da assicurare loro una corretta crescita e maturazione psicologica in relazione alla sfera affettiva e sessuale.
Anche qui gli intenti sono molto buoni però al secondo comma leggiamo che “non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis (cioè di violenza sessuale, n.d.a.), compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni”.
Ora, a parte il fatto che due ragazzini in calore 1-una norma così non se la ricorderanno mai e 2-difficilmente, prima di divertirsi, si metterebbero con carta, penna e calcolatrice alla mano a fare i conti sull’età di uno e dell’altro, va detto che il disposto contiene un’assurdità logica al suo interno.
Infatti si condiziona la lesione al diritto ad un corretta crescita psicologico-sessuale non all’età della persona tutelata, ma all’età dell’altra persona. Cioè, riprendendo un esempio non mio, è come se si condizionasse il diritto di voto non all’età del votante, ma a quella del candidato.
Arriviamo ora al reato di “violenza sessuale” (art. 609-bis).
Ancora una volta l’intento è buonissimo, ma realizzato male.
continua
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