La gioventù che partecipa-Oderzo

03 aprile 2007

Tractent fabrilia fabri


Domanda: vi fareste aggiustare la macchina da un dottore e curare da un meccanico? E vi fareste costruire la casa da un avvocato e difendere in giudizio da un muratore?
Ovviamente in tutti i casi la risposta è no! E per la banale ragione che è il meccanico che sa aggiustare la macchina e il dottore che sa come curarvi, così come è il muratore che sa costruire le case e l’avvocato che sa come difendervi in giudizio.
Nulla di più ovvio e scontato, insomma. Eppure appena si comincia a parlare di diritto tutta questa ovvietà viene meno e così si fa strada la confusione nei ruoli e nella legislazione.
Vi faccio un altro esempio. Mettiamo che per un qualche motivo abbiate bisogno di ricevere delle cure. Ora a chi mai vi rivolgereste? Andreste da un medico oppure da una persona che medico non è ma che dice di volervi un grande grandissimo bene e che magari ciò lo dice con assoluta sincerità (o magari no)?
La risposta anche qui è assolutamente ovvia, perché la persona competente a curarvi non è chi dice semplicemente di volervi bene, bensì chi ha le competenze medico-scientifiche per assistervi.
Il principio, quindi, è assolutamente logico. Ognuno deve fare ciò di cui ha conoscenza e competenza, non può improvvisarsi esperto di qualcosa di cui esperto non è. Per dirla con un classico detto latino, “tractent fabrilia fabri”, cioè siano i fabbri a maneggiare gli strumenti del proprio mestiere.
Ma, come dicevo, questa cosa non è assolutamente chiara appena si ha a che fare con il diritto. E così si arriva a quei problemi giuridici, se non addirittura a quel caso legislativo, che i tecnici del diritto sono costretti, sbigottiti, ad affrontare ogni giorno e di cui le altre persone hanno ormai un evidente sentore.
Bisogna essere chiari fin da subito: il diritto è cosa per giuristi, non ci si può improvvisare esperti di diritto. La formulazione delle norme (e, attenzione, parlo proprio di “formulazione” delle norme non di “contenuto”) deve essere affidata a persone che conoscono l’ordinamento legislativo, che conoscono il “sistema di norme” nel suo complesso e che sono dotati di quelle capacità tecnico-linguistiche che permettono di scrivere una legge in maniera chiara, semplice e terminologicamente corretta.
Se non ragioniamo secondo questa via c’è il rischio, che si può ben dire provato, di cadere in un abisso qualitativo nella formulazione delle norme, con tutte le conseguenze che ne discendono i termini di certezza del diritto, libertà, sicurezza.
Insomma è un po’ come se un bambino delle elementari decidesse di aggiungere paragrafi a “I promessi sposi”: immaginatevi il risultato!
Ora, è triste dover constare il decadimento legislativo degli ultimi anni, ma va detto che ha raggiunto una evidenza lapalissiana. Prendete il nostro codice penale. È datato 1930 ed è stato fatto sotto il regime fascista. Ora, io sono tutt’altro che vicino alle idee fasciste, ma devo ammettere che a livello di formulazione è scritto estremamente bene. Certo è perfettibile, ma non è nemmeno paragonabile ai recenti, e spesso bislacchi, interventi normativi che lo hanno interessato. E questo perché è stato fatto da “signori giuristi” e dopo aver sentito i pareri degli esperti del settore.
Con questo non voglio dire che il legislatore di oggi non sia animato da buoni e sani intenti. Il punto però è che non sa “tradurre” la buona volontà in buone norme. E vale la pena ricordare che una cosa è l’”idea” che sta alla base di una norma e un’altra è la “norma stessa”, perché solo quest’ultima, in definitiva, è legge e regola la società, per quanto l’”idea” sia indubbiamente utile al fine di interpretarla.
Allora capite che si torna all’esempio di cui vi dicevo all’inizio e cioè della persona che dice di volervi molto bene, che dice di volervi aiutare, ma che in realtà non lo sa fare.
Alcuni esempi possono rendere la cosa ancora più chiara e tangibile.

continua

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